Nel quadro del progetto «Agricoltura clima-neutrale per i Grigioni» da inizio 2021 circa 50 aziende stanno sperimentando come produrre derrate alimentari in modo clima-neutrale in fattoria. Più o meno a metà della fase pilota, Claudio Müller, co-promotore e co-responsabile del progetto, trae un bilancio.
Nel quadro del piano d'azione Green Deal (PAGD), dal 2021 52 aziende pilota si confrontano in modo approfondito con la riduzione dei gas a effetto serra risultanti dalle loro attività. Le aziende si trovano in tutte le regioni dei Grigioni. Con diversi settori di produzione (latte, carne, prodotti della campicoltura, formaggio, vino), queste aziende coprono il fabbisogno calorico annuale di 15'500 persone, ciò che corrisponde all'otto per cento della popolazione grigionese.
Claudio Müller, all'inizio della fase pilota per ognuna delle 52 aziende sono state dapprima calcolate le emissioni di gas a effetto serra e in seguito sono state definite le misure con le quali le emissioni possono essere ridotte o compensate. Quanto gas a effetto serra emettono in media le aziende?
Claudio Müller: Le 52 aziende emettono complessivamente circa 15 000 tonnellate di equivalente di anidride carbonica (CO2eq) all'anno. Ciò corrisponde alle emissioni annue di gas a effetto serra (GES) di circa 1100 persone in Svizzera.
Quali attività/tipi di azienda inquinano in misura maggiore/minore il clima?
Claudio Müller: La produzione di derrate alimentari di origine animale genera la maggiore quantità di GES. Una quota importante di tali emissioni è da ricondurre a prodotti della detenzione di ruminanti perché il metano prodotto da bovini, ovini e caprini ha un potenziale di riscaldamento 30 volte maggiore della CO2. Le derrate alimentari vegetali gravano in misura nettamente inferiore sul clima. Si nota però una grande dispersione anche tra i vari tipi di azienda.
Secondo lo scadenzario del progetto la fase di attuazione delle misure ha preso avvio a inizio 2022. In questo periodo è già stato possibile per le aziende pilota ridurre in misura significativa le loro emissioni di gas a effetto serra?
Claudio Müller: Ne sapremo di più al più presto dopo la conclusione della fase pilota a fine 2025 poiché l'analisi dell'efficacia di singole misure richiede molto tempo. Tuttavia sin d'ora è chiaro che sono necessari numerosi adeguamenti aziendali che ridurranno gradualmente le emissioni di GES. Vi rientrano la gestione del suolo, il foraggiamento e la detenzione degli animali, il deposito e la preparazione del concime aziendale, le sottosemine, le colture intercalari, l'abbandono delle monoculture, l'integrazione di boschetti sui campi, la produzione di energia rinnovabile e molto altro ancora.
Quale delle evidenze scaturite dalla fase pilota è stata quella più inaspettata per le aziende partecipanti?
Claudio Müller: Siccome, oltre al metano già menzionato, l'agricoltura produce anche protossido di azoto, anch'esso un gas a effetto serra, a gravare fortemente sulla quota di gas a effetto serra prodotta dall'agricoltura non è il consumo di carburante dei trattori. Sono invece i processi naturali che vanno ottimizzati. Vi rientrano ad esempio il deposito, la preparazione e lo spandimento del concime di fattoria o la detenzione e il foraggiamento degli animali. Probabilmente questo fatto ha sorpreso molti agricoltori.
All'inizio, nel settore agricolo il progetto è stato accolto con interesse. Qual è oggi la motivazione delle aziende partecipanti e quanta risonanza si registra tra altre aziende?
Claudio Müller: La maggior parte delle aziende partecipanti è tuttora molto motivata, anche se le aziende si rendono conto di quanto siano grandi le sfide da affrontare. Per me in veste di co-responsabile del progetto è bello vedere con quale slancio e spirito pionieristico le aziende pilota si impegnino a integrare soluzioni innovative nella loro quotidianità aziendale. Il riconoscimento e l'incoraggiamento che giungono alle aziende partecipanti dall'esterno sono in ogni caso un fattore motivante. La gente tributa loro grande rispetto perché tali aziende non prendono alla leggera la crisi climatica, ma adottando misure pratiche assumono responsabilità e vogliono essere parte della soluzione. Inoltre, nei Cantoni confinanti si guarda con grande attenzione a quanto viene fatto nei Grigioni. In diversi Cantoni si stanno sviluppando progetti che si rifanno al «modello grigionese»
A fine 2025 terminerà la fase pilota. In seguito si intende estendere il progetto a tutto il Cantone. Cosa significa esattamente?
Claudio Müller: A partire dal 2026 le esperienze raccolte dovranno aiutarci ad attuare approcci di soluzione promettenti presso il maggior numero possibile delle circa 2000 aziende agricole grigionesi. Attualmente stiamo elaborando le modalità per l'estensione di questo processo di trasformazione.
Sulla base delle esperienze raccolte finora ritiene raggiungibile l'obiettivo del progetto di rendere l'agricoltura clima-neutrale?
Claudio Müller: Oggi non sappiamo ancora se un giorno raggiungeremo la neutralità climatica nel settore agricolo. Il termine «neutralità climatica» si presta tuttavia in ogni caso quale visione perché per quanto minima sia una misura ci si interroga sempre sulle sue conseguenze per il clima. In ogni caso è chiaro che non riusciremo mai ad azzerare le emissioni di metano delle mucche e di protossido di azoto proveniente dal suolo. Attraverso le cosiddette emissioni negative, l'agricoltura ha però la grande opportunità di assorbire CO2 dall'atmosfera e di compensare in questo modo i gas a effetto serra biogeni. Si pensi alla formazione di humus durante la quale grandi quantità di carbonio vengono legate nel suolo.
Anche i consumatori possono dare il proprio contributo a un'agricoltura clima-neutrale acquistando prodotti a impatto zero sul clima. Nella fase pilota vengono promossi progetti corrispondenti, ad esempio un servizio di fornitura regionale con abbonamenti per verdura. In che misura simili offerte vengono utilizzate e quali sono le loro prospettive di successo?
Claudio Müller: Una cosa è chiara: a lungo termine un'agricoltura clima-neutrale funzionerà solo se verranno consumati prodotti a impatto zero sul clima e se vi sarà la disponibilità a pagare un prezzo più elevato per questi prodotti. Di conseguenza c'è ancora molto da fare per spiegare ai consumatori il funzionamento dell'agricoltura clima-neutrale e quali sono le sfide, le possibilità e i limiti. La tendenza sociale verso l'abbandono di prodotti di origine animale a favore di un'alimentazione basata maggiormente su prodotti vegetali è senz'altro percettibile e quindi costituisce sicuramente un vantaggio per le iniziative menzionate.
Quale bilancio trae a metà della fase pilota e quali sono, secondo Lei, gli aspetti più positivi e quelli più negativi?
Claudio Müller: Fa molto piacere vedere che insieme agli agricoltori, agli specialisti della formazione e consulenza agraria, all'Amministrazione nonché alle organizzazioni del settore agricolo e della ricerca siamo riusciti a sviluppare una cultura che permette di affrontare il problema insieme. Per il momento è deludente il fatto che nonostante i grandi sforzi la neutralità climatica non sia stata raggiunta già dopo poco tempo. Bisogna imparare a gestire la delusione e continuare a perseguire gli obiettivi prefissati. In generale raccomando al maggior numero di persone possibile di contattare direttamente le aziende pilota per discutere delle loro esperienze e delle loro soluzioni in relazione a un'agricoltura clima-neutrale. Perché, come dice il detto: se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia.
Claudio Müller, grazie mille per il colloquio!